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Fossa dei Leoni addio, curva Milan tutta a destra
26 Novembre 2005 - letto 56416 volte
Con due piedi nella Fossa, fine di un mito
Domani sera Milan-Lecce. Per la prima volta dopo 37 anni dalla curva sud di San Siro non sventolerà lo striscione della Fossa dei Leoni. Si è sciolto il primo gruppo ultrà d'Italia


La Fossa dei Leoni non c'è più. Chi non sa di calcio e di tifo non può capire cosa significhi una partita del Milan senza lo striscione del primo gruppo ultrà d'Italia, srotolato per la prima volta nel 1968, quando in panchina c'era Rocco, der italiener Schnellinger non aveva ancora pareggiato al 47esimo del secondo tempo contro l'Italia a Città del Messico e Rivera...era già Rivera. E' un lutto collettivo che sconvolge una parte della città (l'altra, rispettosamente, tace: strano), con un suo rituale del lamento fatto di lacrime, rancori, silenzi, tristezze, segreti di famiglia che non si possono confessare e tutto un contorno di curiosi, milanisti, che vogliono capire ma non se la sentono di partecipare a questo funerale. A Milano, comunque, sono giorni che non si parla d'altro. Anzi, si sussurra.

Pezzetti di curva

Ma si può vivere per la Fossa? No, cioè sì, ma non bisogna cadere nella tentazione di rispondere che sono tutti cretini. Ma è vero che la Fossa si è sciolta?! non è una questione che interessa «solo» quindicimila esagitati. Del calcio si è già detto, è metafora di bla-bla-bla, ma è la curva un buon punto di osservazione per capire cosa succede o non succede in una città.

La curva Sud del Meazza, che la nord interista a denti stretti invidia, è come tutte le famiglie un po' ingombranti, ci si detesta, ma ogni domenica si è costretti a mangiare alla stessa tavola, la storia, l'eredità, i più piccoli da tenere per mano, un po' come a natale. A destra siedono i Commandos Tigre, a capo tavola le Brigate Rossonere, a sinistra siedeva La Fossa dei Leoni. Più che sciogliersi, è stata invitata a togliersi la vita: via per sempre lo striscione dalle gradinate, che per un ultrà è tutto, è la bandiera, come se improvvisamente uno stato diventasse terra di nessuno e di conquista, e per la «bandiera» si può arrivare a delirare (non solo allo stadio) a suon di onore, sangue e gloria. L'epica virile degli scontri, padri di famiglia che ricordano quelli di dieci, venti, trenta anni fa, con le tifoserie avversarie e con la polizia, memoria, amicizie, anche tra nemici ma «leali», come sottolinea sempre il cosiddetto mondo ultrà.

Lo striscione dello scandalo

E proprio per una bandiera rubata la sentenza della grande famiglia rossonera questa volta è stata inappellabile: infami, meschini, traditori! L'irreparabile ha dell'incredibile. Qualcuno della Fossa - questa l'accusa - ha rubato «senza onore» (senza scontri) uno striscione dei Viking Juve di Milano, un oltraggio anche perché dai tempi di Manchester (finale di Champion League, pace sociale sugli spalti e supertrasferta con migliaia di biglietti tutto compreso che gli ultras vendevano da 320 euro in su) le due tifoserie rivali in realtà sono molto meno nemiche di prima. C'è di più. Dopo «la cazzata» (che quelli della Fossa negano), qualcuno, con un agguato fin troppo mirato in mezzo alla strada, pochi giorni dopo, per ritorsione ha sottratto lo striscione della Fossa dei Leoni. E non basta, perché la grande famiglia rossonera sostiene che la Fossa dei Leoni per rientrare in possesso del suo vessillo abbia concordato uno scambio coinvolgendo addirittura gli uomini della digos. Accordi con la polizia: e per la mentalità ultras questo è troppo, mentre negli stadi italiani è in corso la contestazione contro il giro di vite del decreto Pisanu sulla violenza. Ergo: «Si devono vergognare. Non ci può essere uomo, di qual si voglia fede o colore, che possa sposare la loro posizione senza macchiarsi della stessa vergogna». La Fossa nega risolutamente «la più ignobile delle infamie», però si scioglie. Perché «questa storia ha posto in evidenza punti di vista ormai inconciliabili all'interno della nostra curva...»

La politica fuori dalla curva?

Sciogliersi dopo 37 anni per una «cazzata» come questa? La sensazione è che ci sia dell'altro e che non si voglia dire perché i panni sporchi si lavano in famiglia. Ma è evidente che buona parte della curva (Brigate Rossonere e Commandos Tigre) abbia voluto cogliere la palla al balzo, l'assist del resto era irresistibile, per una resa definitiva dei conti. Ma allora perché? Ci sono due correnti di «pensiero»: la politica, e gli affari. Approfondirle entrambe spiegherebbe molte cose non solo sul tifo, ma sui «giovani» dai 20 ai 50 anni (succede forse qualcosa che non finisce in qualche modo in uno stadio?), sugli affari più o meno leciti, su come si esercita il controllo sociale in una grande città, sul perché solo il calcio riesce a trasmettere senso di appartenenza e voglia di fare (si vive per la curva), insomma su come «girano» le cose davvero.

La politica, da anni, è un tabù per il tifo organizzato del Milan. Lo conferma anche l'ultimo comunicato contro la Fossa dei Leoni, dice «fuori la politica dagli stadi e gloria ai Rossoneri della Sud». E' una parola! Certo il calcio viene sempre prima della politica (lo sanno bene i milanisti), ma stiamo pur sempre parlando della tifoseria organizzata che per forza di cose intrattiene rapporti con la squadra di Silvio Berlusconi. In realtà da anni i tifosi rossoneri hanno fatto di tutto per nascondere la politica. Una scelta saggia, dicono molti, perché un Che Guevara che sventola sulle gradinate ormai correrebbe il rischio di finire in croce, croci celtiche magari. La dirigenza dei gruppi ultras è sicuramente in altre faccende affacendata, ma oggi come oggi, se si allentassero le briglie, la curva del Milan non sarebbe diversa da tutte le curve delle più importanti città: sarebbe di destra. La Fossa dei Leoni - sostiene chi la butta in politica - rappresentava comunque un argine a tutto ciò. Ma è sbagliato dire che la Fossa (5000 iscritti) era tutta di sinistra e gli altri no, la realtà è molto più sfaccettata: è difficile spiegare come mai, per esempio, ci siano pezzi di centri sociali (pensavate fossero tutti in letargo?) che si sono mescolati nella famiglia rossonera, di qua e di là, e che ora sono gli uni contro gli altri. Il tifo unisce ma anche divide. «Per tutti noi - scrivono oggi i nuovi padroni della Sud - al dolore per lo scioglimento si accompagna la sofferenza di amicizie frantumate»

Le regole del mercato

Del resto è un fatto che ultimamente la Fossa dei Leoni si sia fatta notare per alcune prese di posizione «politiche» che non sono piaciute al resto della curva. La contestazione al presidente Galliani durante Cagliari-Milan, per esempio. Scrive oggi la Sud: «Aggressione ingiustificata con sputi e insulti, altre sono le sedi per contestarlo, ci siamo vergognati, non per simpatia ma per amore dei nostri colori». L'impressione è che il «direttivo» della Fossa si sia messo in testa di disturbare il manovratore, «e insomma è troppo comodo sputare nel piatto dove si mangia». Ecco, forse questo è un punto non trascurabile. E' tutto (o quasi) alla luce del sole, e nessuno può negare che in un curva girano soldi. Tanti soldi. La gestione dei biglietti, che le società in parte regalano e in parte vendono a prezzi calmierati (circa 15 euro, che crescono in base ai tariffari dei gruppi ultras - «la Fossa aveva i prezzi più bassi» dicono i tifosi), e poi l'organizzazione delle trasferte e la gestione del merchandising: cappellini, sciarpe, portachiavi, bandiere e gadgets vari con marchio regolarmente registrato. Gestire una curva è tutto questo, ma anche di più. E' comunque un bacino elettorale consistente (mai come in questi tempi i politici di tutto l'arco parlamentare si fanno vedere al fianco degli ultras per cercare di ragionare sul «famigerato» decreto Pisanu), è un fatto di prestigio, significa in qualche modo avere potere. Non per caso chi ha in mano la curva milanista ha chiesto «solo» l'allontanamento del «direttivo» della Fossa, una quindicina di persone che piuttosto che regalare quel mitico pezzo di curva, magari commissariata, hanno preferito invece fare harakiri. Fine per sempre? Quel marchio vale una fortuna perché è un pezzo di storia del Milan, e chissà che qualcuno stia già pensando di tenerla in vita artificialmente. Sono le regole del mercato.

Ma il tifo organizzato non è fatto solo di «direttivi». Sui muri di Milano sono comparsi necrologi, da Quarto Oggiaro alla circonvallazione, la strada che disegna un anello dove è incastonato lo stadio Meazza: FdL Vive. Domani Milan-Lecce.

FONTE IL MANIFESTO - www.ilmanifesto.it
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