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Catanesi e Interisti: amicizia sancita.
17 Settembre 2007 - letto 14784 volte
Milano. Che cos'è nata allo stadio Meazza, già San Siro, di Milano prima, durante e, soprattutto, dopo la sfida Inter-Catania? E' nata un'intesa tra ultras, quelli del profondo Nord e quelli del profondo Sud, quelli nerazzurri e quelli rossazzurri. Sancita, va da sè, sull'onda di odi comuni, mica di simpatie ma, soprattutto, di affinità elettive, ovvero condivisione di mentalità ultras, spirito di curva, ideologia. Chi, nei giorni in cui accadono fatti e fattacci negli stadi, s'affanna confusamente per cercare di capire che tipo di gente è quella che frequenta le curve, dovrebbe produrre uno sforzo oggi, in cui non è accaduto nulla di penalmente rilevante, tranne (alla luce della nuova legge Amato) quei cori insistenti che per tutta la gara sono partiti dagli ultras nerazzurri contro i carabinieri, per capire cosa unisce le tifoserie, cosa le divide, le salda e le allontana.
Curioso, questo feeling Inter-Catania, nato strada facendo, suggellato al 20' del primo tempo dall'esposizione di uno striscione della Curva nerazzurra, con cui si rendeva onore agli ultras etnei per << i torti subiti >>, per le difficoltà attraversate negli ultimi mesi. Insomma, un altro mondo, esattamente quel mondo che, secondo qualcuno, norme rigorose, tornellizzazione degli stadi, ringhiere più alte e parapetti possenti, dovrebbero prima isolare, poi cancellare. Il tifo dello stadio Meazza è stato, se mai ce ne fosse bisogno, la conferma che il pianeta del tifo procede per i fatti suoi, fa i conti con le leggi sempre più rigide, ovviamente, ma in buona sostanza non ha nessuna intenzione di modificare la sua sostanza e rinnegare la sua essenza.
I tifosi dell'Inter e quelli del Catania si sono prima esibiti a distanza, sostenendo Inter e Catania, ma soprattutto rivolgendo attenzioni corali non proprio concilianti a Milan e Palermo. I << chi non salta rosanero è >> e i << chi non salta rossonero è >> sembravano confondersi e fondersi, con quella minima variante in termini di colore e di consonanti. Quindi, lo striscione, la dimostrazione e la prova provata che, anche laddove non c'è una connection diretta, anche se non esiste poi quella rete concreta di cui molti parlano, connessioni e intese si creano automaticamente. Lo striscione era un messaggio, da una curva all'altra, la sintesi di un pensiero che vale, indubbiamente, per tutto il movimento ultras italiano. Su cui bisognerebbe ragionare, su cui bisognerebbe studiare un po' di più, per provare a capire prima di azzardare giudizi e ipotizzare soluzioni finali, come se fossero facili e si trattasse di eliminare soltanto esibizioni o manifestazioni violente dagli stadi per salvare il calcio. Fosse questo il problema. Il Secondo tempo dell'intesa Nord-Sud di ieri ha assunto connotati ancora diversi, mentre gli interisti a lungo hanno intonato i cori contro le forze dell'ordine e non pare proprio che il resto delllo stadio abbia reagito, soffocando nei fischi gli ultras. Manco per niente. Dopo, quando la partita è finita, quando anche di Palermo e Milan non ne potevano più, le due Curve, è stata la volta di Livorno, tifoseria di totale ispirazione politica di estrema sinistra.
Dalla questione geopolitica, insomma, si è passati alla politica geografica. Contro Livorno e, a fine partita, qualcosa come 200 ultras interisti sono rimasti dentro lo stadio. E prima dalla loro curva, poi dalla tribuna B e alla fine dal settore inferiore a quello degli ultras rossazzurri, i cori erano rivolti contro i comunisti. Questione puramente ideologica, insomma. Fratelli d'Italia la risposta dei catanesi, inno alla Patria, opposto all'Internazionale socialista della Bal livornese. Scambio di sciarpe rossazzurre e nerazzurre, amicizia sancita, che non si chiama gemellaggio, diremmo, perchè non è nel Dna dei catanesi arrivare a tanto, ma intesa su un ampio fronte, questo sì. E, allora, se si vuol cercare di capire che cosa è il mondo ultras, che cosa c'è dietro e cosa sotto, che cosa unisce e che cosa divide un popolo fatto di decine di migliaia di ragazzi, che ogni domenica va allo stadio, in casa e in trasferta, che sfida se stesso e gli altri, che indossa i panni dell'antagonismo sociale e politico, che ha scelto come nemico lo stato e lo identifica automaticamente in chi porta la divisa, bisognerebbe cominciare a capire che cosa succede in occasioni come queste che, com'è ovvio, non meritano titoloni sui giornali. Perchè fa notizia il sangue, il saccheggio, le botte, gli scontri, i petardi. Quel che c'è prima, o che c'è oltre, o che c'è al posto di... interessa così poco. Eppure, servirebbe molto di più di leggi speciali.
Fonte: La Sicilia
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