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Venezia: "Vecchia Guardia pronta nel bisogno"
12 Marzo 2006 - letto 3938 volte
"Di tutto il calcio italiano oggi ha bisogno, fuorché di ultras, ovvero di quel sistema consolidato che ha visto crescere all’interno degli stadi, ma anche in altri luoghi del tessuto sociale, frange di tifoseria organizzata che spesso assurgono con scarso onore alla ribalta delle cronache. Nell’ampio dibattito che si sta finalmente sviluppando in Italia riguardo i mali del calcio nostrano una tesi è condivisa da tutti: quella della necessità di riportare le partite di calcio all’interno della civiltà. I gravi episodi di violenza e di intemperanze, che hanno spesso contrassegnato i campi sportivi, le aree urbane che li contengono ed anche treni, pullman e autogrill, mostrano la assoluta e urgente necessità di rendere gli stadi dei luoghi sicuri e civili, in cui gli incontri calcistici si svolgano in un clima di passione sportiva e non di guerriglia urbana. Un obiettivo che non crediamo sia possibile raggiungere solo attraverso la militarizzazione degli stadi, i biglietti nominativi e la schedatura di migliaia di tifosi-spettatori, da identificare solo perché hanno una sciarpa al collo.
Oltre alla fase repressiva c’è bisogno anche di sviluppare politiche preventive positive, che programmino stadi in cui si possa portare con serenità la propria famiglia. Stadi comodi e non gradinate spogliate per precauzione dei seggiolini, altrimenti usati come oggetti contundenti. Stadi in cui si possa veramente vedere la partita meglio che in televisione, ovvero senza la separazione imposta dalle reti di recinzione, come se invece che persone tra campo e tribune ci fossero delle belve da ingabbiare. Soluzioni queste che presuppongono una civilizzazione del pubblico, obiettivo che deve ritenersi normale e non fantascientifico, se non vogliamo rinunciare alla basilare educazione civica che ci consente di seguire in migliaia gomito a gomito un concerto o una festa di popolo in una piazza. In questo senso Venezia, partendo dall’auto-scioglimento degli Ultras Unione, potrebbe proporsi come apripista di una civilizzazione degli stadi, facendo nascere una tifoseria che si porrebbe così all’avanguardia di un processo inevitabile, se non vogliamo perdere completamente il piacere di andare allo stadio.
Le frange estreme della tifoseria sono nate negli anni ’70, figlie di un preciso clima politico. Per molti anni lo stadio ha rappresentato lo sfogatoio delle infelicità quotidiane. Ora vorremmo che lo stadio tornasse ad essere solo il palcoscenico dello sport più amato al mondo. Uno sport che ha il diritto di liberarsi del fardello degli ultras. Il calcio e i tifosi, quelli veri, non reggono più il domenicale clima da guerriglia urbana, la politicizzazione delle curve, la militarizzazione delle città, i cui costi non sono sopportabili solo perché coperti da una demagogica patina di apparente antirazzismo e di malinteso pacifismo.
A Venezia, con l’autoconsunzione degli Ultras Unione, si può finalmente chiudere un ciclo, e riaprire un nuovo capitolo attorno a quel simbolo che ci dà ancora una volta la forza di tornare ad offrire il nostro entusiasta contributo: la Coppa Italia del 1941, che gelosamente è ora custodita in un palazzo del Canal Grande.
Con la fine della tifoseria organizzata, quella non spontanea che recita ammaestrata i cori lanciati dai capipopolo, ci auguriamo possa concludersi anche una lunga spiacevole pagina della storia del calcio ed in particolare degli stadi.
Gli ultras hanno rappresentato un modo di vivere il calcio che alla fine sta uccidendo il calcio stesso e chi lo ama veramente, sia nello specifico veneziano (con un pubblico penalizzato nella sua potenzialità anche per il fisico impedimento dal 1987 ad oggi della libertà di poter gridare allo stadio quello che si desiderava, il nome Venezia in primis), sia a livello nazionale, con il perseguimento del mito dello stile di vita appunto da “ultras”. Speranzosi in un calcio sano – fatto di passione, ma anche di rispetto; fatto di amore per le nostre tradizioni e per il futuro della nostra squadra e della nostra città – torniamo a proporre l’antitesi di quel che ha ucciso la voglia e il piacere di molti sportivi e di molti veneziani: vogliamo uno stadio vivace, ma pacifico, in cui le famiglie possano trascorrere pomeriggi di spensierata passione, esprimendo la propria identità.
Per anni gli Ultras Unione hanno rappresentato l’essenza ultrà, raccogliendo (e poi esibendo con orgoglio) diffide per atti violenti compiuti dentro e fuori gli stadi. Senza contare il loro contributo, a suon di sputi in faccia, all’allontanamento di Zamparini da Venezia, impedendogli di creare un volano di venezianità attorno al calcio. Di queste gesta Venezia e l’Italia non ne hanno bisogno.
Impegniamoci invece tutti nel ricreare un sano tifo al Penzo, e costruiamo l’esempio, a partire da Venezia, di uno stadio nel quale si possa vivere la partita senza reti, senza lanci di oggetti in campo, senza obblighi e costrizioni, senza coreografie “machiste e fumogene” imposte.
In occasione del ventennale della nostra fondazione noi siamo di nuovo pronti a dare il nostro contributo: partendo da quella Coppa che merita di essere onorata, e da un Penzo che merita sia di essere ristrutturato sia soprattutto di essere calcato da una squadra con un nome ed una maglia che esprimano una identificabilità della ormai quasi secolare tradizione del calcio a Venezia.
Siamo a disposizione per contribuire a potenziare, a più livelli (sociale, culturale, sportivo, economico), l’autentica e spontanea passione per la nostra venezianità che può essere un traino non solo per la squadra di calcio. Forza Venezia: la Vecchia Guardia è sempre pronta, nel momento del bisogno!

Luca Fido, Sebastiano Giorgi, Pietro Bortoluzzi, Emilio Greco
(gli ex presidenti della Vecchia Guardia)"
Fonte: vesport.it
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