Venezia: torneo del Bae a Zelarino
02 Giugno 2004 - letto 1733 volte
Calcio di inizio mercoledì 2 giugno presso gli impianti di Zelarino del 4.Torneo del Bae.
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COMUNICATO DEGLI ORGANIZZATORI DEL TORNEO:
Al Bae non piaceva questo calcio moderno, tutto business e niente passione.
Al Bae non piacevano neppure i coltelli, gli agguati vigliacchi, tutti quegli stronzi che infamano ed infangano il mondo degli ultras.
Il Bae era un ultras, la passione per il calcio e per il tifo ce laveva dentro da sempre, assieme a quella sete di giustizia, al sogno di un altro mondo possibile, alla voglia di lottare per costruirlo. Sognava il Chiapas zapatista, il Bae, quando se nè andato.
Quel giorno di febbraio eravamo persi, smarriti, cercavamo disperatamente qualcosa cui aggrapparci.
Costruiremo un campo da calcio in Chiapas per ricordarti!
Ecco, El Estadio del Bae allinizio era questo: un gancio per chi aveva perso un fratello, un amico, un compagno.
Poi, come in un sogno, la fantasia ha messo le ali, e dalla Laguna, ha cominciato a volare.
Ha sorvolato dieci, venti, trenta curve, si è posata su centri sociali e spazi autogestiti, ha rimosso rivalità e confini, ha preso coraggio e forza ed ha traversato loceano.
Fin laggiù, nel profondo della Selva Lacandona. La fantasia si è posata lì, dove Francesco, il Bae, voleva andare.
Ce l hanno portata i sogni di tanti, perché i sogni sono l energia che ci fa andare avanti.
Quel giorno di febbraio il Bae ci ha lasciato un grande regalo. La forza e la voglia di continuare a sognare.
Ed il sogno di Francesco ne ha fatta di strada.
E arrivato a Guadalupe Tepeyac, un villaggio zapatista nella Selva.
Un villaggio da poco restituito, semidistrutto, ai suoi abitanti dopo sette anni di occupazione militare da parte dell esercito federale messicano.
Una comunità, quella di Guadalupe Tepeyac, sopravissuta per sette anni tra le montagne, che vuole ricominciare a vivere.
Vogliono vivere, i ragazzi e le ragazze di Guadalupe Tepeyac, vogliono prendere a calci un pallone, ma El Estadio del Bae non è, solo, un campo da calcio.
E un progetto, pensato e discusso assieme a tutta la comunità, per sostenere la rinascita di Guadalupe Tepeyac.
Dallacquisto di materiali edili allo sviluppo della falegnameria comunitaria, dall acquedotto al centro sportivo (campi da calcio, basket, pallavolo), dai servizi agli spazi comunitari, El Estadio del Bae è tutto questo.
Un progetto da oltre 85.000 euro attorno a cui si stanno aggregando decine di tifoserie ultras italiane ed europee.
Nelle curve si organizzano raccolte di fondi, si diffondono notizie sul progetto attraverso le fanzines, i giornali autoprodotti dai tifosi, si vendono sciarpe e magliette per promuovere ed autofinanziare i lavori.
Bolognesi e Modenesi, acerrimi rivali, si ritrovano così ad organizzare cene e concerti per raccogliere fondi, gli Ultras del VeneziaMestre, la squadra del cuore di Francesco, organizzano tornei con gruppi ultras amici e rivali, comunità di cittadini migranti e realtà giovanili, si moltiplicano le tifoserie che organizzano incontri per presentare il progetto e per sostenerlo.
Concerti, cene sociali, ognuno si organizza: è tutto un fiorire di iniziative, da Cosenza ad Innsbruck, da Vienna a Fasano, da Perugia ad Ancona, da Terni ad Amburgo passando per Roma, Napoli, Vicenza, Milano, Montevarchi, Lugano, Pisa, Empoli, Venezia, Pistoia, Bordeaux, Manchester, gli ultras delle curve sognano un altro calcio e si mobilitano superando steccati e rivalità.
Gli ultras, quelli che il ministro Pisanu definisce i barbari degli stadi, sono anche questi.
Forse la parte più sincera e pulita di un calcio senza più alcuna etica, schiavo di un business incapace di regalare sogni, un business che necessita di clienti, non di tifosi, un business che vede gli stadi come centri commerciali e non come luoghi di aggregazione.
A Guadalupe Tepeyac, intanto, i lavori procedono: dopo lacquisto e la posa in opera dei macchinari per la falegnameria è stato realizzato lacquedotto di oltre 4 chilometri che serve tutto il villaggio, grazie anche al lavoro volontario di un gruppo di militanti zapatisti e di ultras giunti dall Italia.
Ultras di squadre rivali che volano di là dell oceano per costruire il sogno di un ragazzo come loro, per non perdere il maledetto vizio di sognare, scoprendo che dietro una sciarpa di un colore diverso, ci sono gli stessi sogni, le stesse passioni, le stesse speranze.
Così El estadio del Bae non è solo un modo per ricordare Francesco, per fare qualcosa di concreto nel campo della solidarietà alle comunità ribelli del Chiapas, ma anche, e soprattutto, il tentativo, riuscito, di aprire canali di comunicazione tra tanti ragazzi che vivono le curve degli stadi.
Che non vogliono tacere davanti ad una repressione cieca e pericolosa per le libertà di tutti, che denunciano l ipocrisia di chi vorrebbe stadi pacificati in un mondo in guerra, che non si rassegnano ad essere clienti di uno show che produce solo emozioni di plastica, che non tollerano che le loro curve siano usate per diffondere razzismo e xenofobia a uso e consumo di movimenti politici senza scrupoli, che sognano un altro calcio e un altro mondo.
Cè un Bae in ogni curva, ci sono ancora ultras, con un cuore, un anima, un cervello, che non si arrendono.
Mai.
El estadio del Bae è dedicato a tutti loro.