Genoa-Figc: gli aspetti legali - Ecco tutti i punti della battaglia
18 Agosto 2005 - letto 1005 volte Ecco in sintesi il quadro legale della battaglia che oppone il Genoa alla Figc: CHE COSA SOSTIENE LA FIGC - Secondo la Federazione Italiana Giuoco Calcio, il procedimento disciplinare si e' ormai concluso con il regolare esaurimento dei due gradi di giudizio, davanti alla Commissione Disciplinare in primo grado e davanti alla Caf in appello, sfociati in entrambi i casi nella condanna del Genoa alla serie C e ulteriore penalizzazione di tre punti. Poiche' il Genoa ha presentato ricorso alla magistratura ordinaria, cioe' al Tribunale Civile di Genova, si sarebbe rivolto a un giudice privo di competenza specifica o, addirittura, di giurisdizione in materia: dunque avrebbe violato la legge 280/2003, che sancisce la piena autonomia dell'ordinamento sportivo, e infranto la clausola compromissoria, liberamente sottoscritta da tutti gli affiliati, che comporta la rinuncia ad adire organi giurisdizionali estranei all'organizzazione calcistica. Cosi' facendo, tra l'altro, il Genoa si e' esposto a un secondo deferimento, che in caso di condanna portera' all'applicazione di altri tre punti di penalizzazione. CHE COSA SOSTIENE IL GENOA - Il club ligure afferma di essersi rivolto al giudice ordinario non perche' non riconosce l'autonomia dell'ordinamento calcistico, ma perche' intende far valere diritti che non rientrano soltanto nell'ambito strettamente sportivo, bensi' sono riconosciuti dall'ordinamento giuridico generale italiano e, se del caso, da esso tutelati sempre e comunque. Diritti fondamentali, riconosciuti in via assoluta e che trovano la loro fonte nella Costituzione, nelle norme dello Stato, addirittura nei principi-base dei sistemi giuridici di matrice occidentale, quelli che la dottrina sintetizzava un tempo nel concetto di 'diritto naturale'. Sono diritti quali quello al giusto processo, con il rispetto delle prerogative di tutte le parti; a un giudice equo, non preconcettualmente ostile all'imputato; alla difesa, con ampia possibilita' di far valere le proprie ragioni e di servirsi di tutti i mezzi di prova ammissibili. Diritti che sarebbero stati violati con l'acquisizione da parte della Commissione Disciplinare e poi della Caf di intercettazioni telefoniche che, per legge, non possono essere utilizzate al di fuori del procedimento per il quale erano state autorizzate (l'inchiesta penale della Procura di Genova, tuttora in corso, relativa a supposte scommesse clandestine); con l'omessa valutazione dei comportamenti di terzi, per esempio il fantomatico premio a vincere promesso o forse pagato al Venezia dal Torino, diretto concorrente dei rosso-blu per la promozione in serie A. E diritti che secondo la difesa del Grifone sarebbero stati pregiudicati dalla presenza in camera di consiglio, nel primo grado di giudizio, dei rappresentanti dell'accusa: che in base agli atti parrebbe sedessero accanto ai giudici, malgrado si trattasse di riunione a porte chiuse dalla quale debbono restare escluse tutte le parti, e non la sola difesa; nonche' pregiudicati dal rigetto di tutte le testimonianze a discarico richieste dal Genoa. LE DIVERGENZE - Si intuisce che il Genoa pone la questione in termini assai piu' ampi rispetto alla Figc, ritenendo a torto o a ragione di non essersi potuto difendere e di essere stato sacrificato a un verdetto gia' scritto; anche volendo tralasciare la vicenda indubbiamente incresciosa dei 'bigliettini' di dileggio o di ipotetica anticipazione del contenuto della sentenza, del tutto inopportunamente vergati e scambiati da due o piu membri della Caf a udienza in corso: membri che a tutt'oggi siedono ancora al loro posto. La Federcalcio si limita invece al contesto puro e semplice di un procedimento riguardante un illecito sportivo, vero o presunto che sia. Pero', se in gioco ci sono i diritti che il Genoa pretende lesi, allora la competenza non solo non e' esclusiva del giudice sportivo ma, al contrario, per legge spetta alla magistratura ordinaria. Piu' che da posizioni contrapposte, i contendenti partono da premesse, da 'filosofie', totalmente e inconciliabilmente diverse. L'ALTERNATIVA - Avrebbe il Genoa potuto agire diversamente per tutelare i propri diritti? In particolare, avrebbe potuto o dovuto ricorrere al Tar del Lazio, che la legge 280/2003 indica come giudice chiamato a tutelare le prerogative che i tesserati, individui o societa', ritengano lese dagli organi disciplinari, cioè Commissione di primo grado e Caf? In teoria avrebbe potuto, anche se si trattava di un'ipotesi remota e dall'esito incerto. Al Tar del Lazio non puo' infatti ricorrere una societa' calcistica condannata per illecito; possono farlo solo i singoli individui a tutela delle loro posizioni soggettive, rilevanti in ambito sportivo: da un eventuale verdetto favorevole ai suoi dirigenti, il Grifone avrebbe potuto ottenere solo un vantaggio indiretto. Di fatto, il club genovese non e' stato posto nelle condizioni di presentare ricorso perche' ovviamente avrebbe dovuto contestare le motivazioni della sentenza di condanna confermata dalla Caf in appello; motivazioni che la stessa Caf non ha depositato entro il termine concesso al Genoa per presentare ricorso, che scadeva il 9 agosto scorso, ma solo martedì 16. I rosso-blu non avevano nulla su cui poter basare quel tipo di impugnazione. Non solo: se quelli che il Genoa ritiene infranti sono diritti-chiave, e non meramente calcistici (che la legge italiana accorda anche alle persone giuridiche come le societa' per azioni, quali sono tutti i club professionistici), il loro giudice naturale non è quello sportivo ma quello ordinario. Quindi il Genoa, secondo il ragion amento della difesa del club, nemmeno doveva rivolgersi al Tar del Lazio, che non tribunale ordinario e' bensi' amministrativo. Una strategia difensiva, come appere evidente, tutta fondata sulla procedura. I CALENDARI - Il giudice Alvaro Vigotti del Tribunale Civile di Genova ha accolto il ricorso presentato dal Genoa sulla base dell'articolo 700 del codice di procedura civile, che prevede l'adozione di provvedimenti cautelari d'urgenza onde evitare un "danno imminente e irreparabile" al ricorrente prima che egli possa far valere i suoi diritti. Si e' poi riservato di decidere nel merito, come ha ribadito anche nell'udienza dell'altroieri davanti ai rappresentanti legali del club rosso-blu e della Federcalcio. In concreto, il provvedimento cautelare e' consistito nell'ordine impartito alla Federazione di congelare sia la composizione dei campionati professionistici sia la conseguente emanazione dei calendari. Un ordine cui poi il Tar del Lazio, adito dalla Lega di Serie C, ha opposto il proprio invito-ingiunzione a compilare subito i calendari medesimi. Se si accetta la tesi secondo cui si versa in materia di diritti soggettivi fondamentali, e non di disciplina sportiva, il Tar del Lazio e' stato coinvolto erroneamente, e il suo provvedimento e' ininfluente. C'e' materia sufficiente per sollevare un conflitto di competenza davanti alla Corte di Cassazione, o addirittura di giurisdizione davanti alla Corte Costituzionale: eventualita' che, risulta, gli interessati per ragioni di opportunita' preferiscono evitare, almeno per ora. Un ricorso del primo o del secondo tipo potrebbe comunque essere accompagnato anche, sebbene non necessariamente, da un ordine di sospensione di tutti gli atti compiuti dalle parti, dunque con la conferma automatica del congelamento dei calendari, pur gia' varati. L'ASPETTO PENALE - A prescindere dal ruolo pertinente o meno attribuito nel caso specifico al Tar del Lazio, l'ordinanza con cui il giudice civile genovese ha imposto alla Figc di non adottare i calendari dei campionati resta al momento in vigore. I calendari pero' sono stati ufficializzati. Dunque l'ordinanza e' stata violata. Un comportamento sanzionato dall'articolo 388 del codice penale, "Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice". Teoricamente, quindi, i responsabili della Federazione e della Lega Calcio, che infatti il Genoa ha diffidato a titolo individuale, sarebbero passibili di una pena pesante, con reclusione fino a tre anni. Ipotesi che paradossalmente rimarrebbe in piedi anche in caso di verdetto del Tribunale Civile di Genova sfavorevole ai rosso-blu: la squadra finirebbe in serie C, ma i dirigenti del pallone in teoria potrebbero comunque finire in carcere; o, chissa', agli arresti domiciliari. Fonte: http: Notizie correlate Genoa
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