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Esclusivo: Catania-Palermo, ''Io c'ero''
05 Febbraio 2007 - letto 8107 volte
L'intervistato, a cui abbiamo garantito l'anonimato, ha vissuto la tragedia che si è consumata durante il derby Catania-Palermo. Ha vissuto in quanto era allo stadio come migliaia di persone. Non solo. Conosce il mondo della curva, conosce persone legate alla società calcistica del Catania, ama questo sport e ripudia la violenza. La sua è una testimonianza importante per capire, rivivere quel clima, che forse ha cambiato tragicamente e per sempre il calcio etneo e italiano.


Dov'eri quando è successa la tragedia?
Ero in tribuna A. Tutto era tranquillo fino all'ottavo del secondo tempo, quando sono entrati i tifosi del Palermo. Allora è cominciato il lancio di petardi, razzi da segnalazione e fumogeni.
In aria volava di tutto. Si vedeva chiaramente che c'erano persone che tentavano di sfondare le barriere divisorie per raggiungere il settore ospite.
Contemporaneamente si sono alzati i fumi dei lacrimogeni. Molti spettatori si sono riversati all'esterno dello stadio per trovare lo scontro con l'altra tifoseria.
Dalla tribuna A si poteva veder tutto.
Intanto a causa dei lacrimogeni tutti hanno raggiunto i bagni, cercando di bagnarsi gli occhi.
Molti hanno addirittura rotto gli idranti per riuscire a bagnarsi la faccia.
Chi era venuto con i bambini correva verso l'uscita per tornare a casa, per portare in salvo i propri figli.
Una mia considerazione: tutti sanno che il vero problema sono alcuni gruppi di ragazzini, minorenni, che non hanno nulla a che vedere con i veri ultras.

Come stai reagendo alla tragedia?
Malamente, come d'altronde il resto della città.
Quanto è accaduto intacca negativamente l'immagine di Catania.
E' morto un uomo, una vita umana è stata sacrificata. Parecchi sono rimasti feriti e altri hanno rischiato grosso.

Come pensi si possa risolvere il tutto?
Servono regole e leggi forti, forse come quelle applicate in Inghilterra.
Oggi chi commette dei reati allo stadio è fuori dalla galera dopo qualche giorno.
Ci vuole invece la prospettiva di una pena più dura.
Forse solo pensando di potere finire dietro alle sbarre per cinque o dieci anni, qualcuno potrebbe pensarci due volte prima di commettere atti del genere.

Quella del Catania, come quella del Napoli è considerata tra le tifoserie più violente d'Italia.
Si, perché alla tifoseria si mischiano delinquenti, gente che viene da quartieri ghetto, ci sono molti tossicodipendenti. Spesso si picchiano in curva tra di loro per delle inezie.

La Falange d'Assalto, uno dei primi gruppi ultras in città, ha segnato la storia della curva catanese. Cosa differenzia le nuove leve dal passato?
La Falange d'Assalto ha preso le distanze da molti anni da tutti, spostandosi dalla curva nord alla sud, proprio per dissociarsi da quanto stava accadendo. Questo è senza dubbio un segnale forte, di chi aveva già capito che le cose stavano peggiorando.

Molti ultras di Catania fanno parte di gruppi di estrema destra come Forza Nuova, quanto incide la politica nel loro essere ultras?
Di sicuro il colore politico c'è ed è di destra, ma al sud questo non ha molta rilevanza.
Nelle città del nord l'ultrà che si riconosce in un partito o in un gruppo politico fa anche molta attività politica. Da noi questo non succede.

Il Catania Calcio è ad un passo dall'Europa. Ma ora con il "Massimino" sotto sequestro cosa accadrà in futuro?
Innanzitutto adesso abbiamo capito che lo stadio non è adeguato agli standard di sicurezza europei. Comunque la società si è dissociata da quanto è accaduto, così come il 99% di chi era allo stadio venerdì.
Penso comunque che la macchia rimarrà, per sempre.
La dirigenza è sconfortata e sia Lo Monaco che il presidente Pulvirenti hanno annunciato che lasceranno la squadra alla fine del campionato.

Come sarà un calcio a porte chiuse?
Non potrebbe esistere. A porte chiuse una partita è senza emozione. Serve lo spettacolo. I tifosi servono ai giocatori e viceversa. Sono i tifosi e i giocatori insieme a fare una partita. Il match sul rettangolo di gioco è fatto di sensazioni da condividere tra chi scende in campo e chi sta sugli spalti. Un calcio a porte chiuse è un calcio morto.
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