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BVB sconfitto, giocatori a colloquio coi tifosi sotto la curva. Cinque precedenti simili in Italia
30 Novembre 2015 - letto 3035 volte

Tifosi e giocatori: poche occasioni di confronto diretto. Talvolta la scorciatoia c'è: quella distanza che separa campo e curva. Confronti che accadono spesso senza preavviso. Talvolta si tratta, purtroppo, di contestazioni, altre di confronti spesso necessari. Chiedete ad un calciatore cosa si prova a giocare senza il calore dei tifosi, vi risponderà che “senza tifo non è calcio”. E quindi ben venga quando arriva il momento di confrontarsi, soprattutto nei momenti difficili. Dunque non resta altro che chiarire, magari presentandosi faccia a faccia con loro, gli ultras, affrontandoli lì dove il tifo nasce, sotto la curva. E’ quello che è accaduto ieri in Russia dove il Borussia Dortmund è stato sconfitto dal Kuban Krasnodar nel quinto turno del girone di Europa League. L’atteggiamento della squadra non è piaciuto ai fans tedeschi che, dopo la fine del match, hanno preteso il confronto con alcuni giocatori, tra cui Hummels, per avere delle spiegazioni riguardo la sconfitta incassata. Nella storia recente della nostra serie A ci sono alcuni casi come quello che ha coinvolto i calciatori del Borussia Dortmund.

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Siamo a Marassi, il Genoa lotta per non retrocedere ma sta perdendo pesantemente 1-4 contro il Siena. Il pubblico fischia finché undici ultras decidono che è ora di dire basta. Tentano l’invasione, si arrampicano sulla balaustra che divide il settore distinti dal terreno di gioco e chiamano a loro il capitano, Marco Rossi. La richiesta è netta e precisa “uscite dal campo senza maglie, datele a noi, voi non siete degni di indossarle”. Beppe Sculli prova a mediare, non toglie la maglia e si arrampica per parlare all’orecchio di un tifoso. Si batte il petto, urla e infine, convince tutti. Si torna a giocare.

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Lo Stadio Olimpico è il teatro di un'altro confronto. Si gioca Roma-Fiorentina, in palio i quarti di finale di Europa League. I giallorossi rimangono con la testa negli spogliatoi e, dopo venti minuti, sono sotto 0-3. La curva abbandona lo stadio esponendo uno striscione eloquente “Roma s’è rotta…a presto” per poi tornare verso la fine del match e chiedere il confronto con i giocatori. Totti e De Rossi accettano, gli ultras parlano, si agitano e spiegano. I giocatori ascoltano le loro ragioni.

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Anche ad una tifoseria tranquilla come quella del Parma può capitare di perdere le staffe, specialmente se la propria squadra ha appena collezionato la sesta sconfitta dopo sette giornate di campionato. Succede tutto dopo Atalanta-Parma con i gialloblù battuti nei minuti di recupero. I tifosi iniziano a contestare, chiamano la squadra sotto il proprio settore per chiedere spiegazioni, Donadoni e i suoi ragazzi accettano: “Se vogliono confrontarsi con noi non c’è problema”. Tutto si svolge senza particolari sussulti, a riprova che a volte contestare non fa rima con insultare. E il messaggio deve essere chiaro: bene il confronto, talvolta anche la critica costruttiva, pure quando si chiama contestazione e protesta civile. Ma ciò che non può mai passare è la violenza. Perché è sempre e solo un grande errore.

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Non solo la serie A, anche in B c'è stato qualche faccia a faccia tra giocatori e tifosi. E' successo a Varese, dopo la sconfitta casalinga contro il Frosinone e lo spettro della retrocessione sempre più reale, i supporters varesini pretendono un confronto con i calciatori. Si presentano sotto la curva Corti, Zecchin e Perucchini. I tre ascoltano senza parlare, parole dure, forti, quasi a voler dare una scossa alla squadra.

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