Inusuale che un tifoso del Chievo finisca nei guai perchè cerca lite con gli avversari, inusuale che ad aiutare i feriti a identificare i responsabili siano proprio i tifosi amici degli aggressori. Insomma, se prima dell'incontro con il Milan il leggenario fair play che ha reso famosa la squadra della Diga era venuto meno, il comportamento successivo dei suoi tifosi lo ha riportato nell'alveo al quale tutti si sono abituati. Sono stati loro a «consegnarlo» ai poliziotti. Prima della partita al Bentegodi del 10 aprile tre giovani del Ceo hanno incrociato un gruppo di 5 tifosi del Milan arrivati da Valdagno e hanno lanciato la provocazione: «Che direste di fare a botte?». Senza aspettare la risposta i tre veronesi, due con una sciarpa che copriva metà faccia e uno invece a volto scoperto, hanno mollato un paio di ceffoni e qualche pugno ai vicentini portando via a uno di loro la sciarpa rossonera. Il gruppo aggredito è stato però subito raggiunto da altri tifosi del Chievo che non solo hanno aiutato i giovani a rialzarsi ma si sono preoccupati di chiamare i soccorsi domandando con insistenza chi «dei loro» aveva potuto fare una cosa del genere. A quel punto i supporter di Valdagno hanno fornito la descrizione dell'unico giovane che avevano visto in faccia: si conoscono tutti e non è stato difficile risalire alle generalità del responsabile. E quando sono arrivate le forze dell'ordine è stato indicato il nome del tifoso, al ferito sono state mostrate le fotografie e il cerchio si è chiuso. Rapina e lesione le accuse con le quali B.M. ieri mattina, difeso dall'avvocato Giovanni Adami, è comparso davanti al gup Giuliana Franciosi e al pm Giulia Labia. Accolta la richiesta del difensore di derubricare il reato più grave in violenza privata e il patteggiamento si è fissato su dieci mesi con il beneficio della pena sospesa.

Fonte: larena.it