Giù le mani dal Menti
18 Gennaio 2007 - letto 1797 volte Un esponente della Vecchia Guardia del Vicenza ricorda le emozioni legate allo stadio che sorge nel cuore della città, il Romeo Menti, il suo vero stadio. Grazie a paolorossi47, frequentatore del forum del cesena.net., abbiamo avuto la possibilità di leggere Gradinata sud - 1968-1987, il libro della Vecchia Guardia del Vicenza. Più che leggere un libro, si ha limpressione di essere accanto agli autori in una tipica osteria vicentina accompagnati da un buon bicchiere di vino (o ombra). Il libro, corredato da bellissime fotografie, vuole essere un viaggio alla riscoperta di valori ormai dimenticati, di suoni e colori che non ci sono più, ma che meritano di essere rievocati almeno una volta. Molti capitoli, ovviamente, vengono dedicati agli odiati veronesi, la partita per eccellenza dei vicentini, per i quali non importava il solo risultato sportivo, ma bensì la supremazia al di fuori degli spalti. Altri momenti storici sono i campionati di vertice, quando nel Vicenza militava un certo Paolo Rossi, o la trasferta a Stanford Bridge (semifinale di Coppa delle Coppe) contro il Chelsea di Vialli. In questi anni il Vicenza ha conosciuto anche i campi di periferia, quando fu retrocesso in C. Ma questo forse ha unimportanza relativa per un gruppo di amici (tutti oltre i quarantanni di età) che per oltre trentanni ha amato, nel bene e nel male, il Lanerossi Anzi, come dicono loro, il Real Vicenza! Da questo libro abbiamo estratto il capitolo in cui si parla di cosa rappresenta il Menti per un tifoso della Vecchia Guardia. Buona lettura. Ritengo che sia un grande onore poter parlare in questo spazio di quello che per molti di noi è considerato un tempio di culto: Lo stadio Romeo Menti. Un foresto che tenta di descrivere un luogo così caro ai Vicentini, deve considerarlo un privilegio. Non voglio certamente farne una scheda tecnica, semmai limitarne al minimo i cenni storici consultabili in svariati testi, ma piuttosto tentare di descriverne lanima. Costruito, mi pare, nel 37, era per quei tempi un autentico monumento del Calcio. Geniale fu colui che decise di costruirlo senza lodiata pista di atletica che tanto disprezzano i calciofili, sia per una pessima visibilità durante lo svolgimento della gara, sia perché allontana il cuore pulsante della tifoseria dai propri beniamini. I vecchi abbonati mi raccontano che per i primi tifosi del Vicenza, il campo di gioco era situato altrove, e che quando fu ultimato lattuale Romeo Menti non era considerato il vero campo da gioco della squadra cittadina. Ma qui si parla della notte dei tempi e forse sono ancora in pochi a ricordarsi di questo aspetto. Dicevo dunque che un foresto ha un altro impatto con lo stadio della propria squadra del cuore rispetto a coloro che vivono in città. Questultimi, infatti, hanno più frequenti occasioni di contatto con quelle mura. Magari durante tutta la settimana, vuoi mentre ci si reca al lavoro, vuoi per il rituale raduno con gli amici nei pressi dellimpianto, sono svariate le opportunità di viverlo come un quadro di casa, sempre sotto agli occhi. Per noi invece il contatto è assolutamente diverso e intriso di entusiastiche e sempre nuove emozioni. Va detto che il mio avvicinamento al Menti è ancora più insolito. Nasco infatti in una città in cui la tradizione calcistica occupa i primissimi posti. Addirittura due erano gli stadi cittadini, vicinissimi fra loro e, come avveniva in quei tempi, costruiti nel cuore della città, ed io vi ci abitavo davvero poco distante. Oltre al Comunale esisteva a pochi passi il mitico Filadelfia. Ho avuto lonore di poter assistere ad alcune partite disputate fra i ragazzi granata e la nostra De Martino. Nellultima partita che assistetti, era già il tempo della selezione Primavera e il nostro capitano era Renica. Atmosfera unica allinterno, che sapeva di magliette attillate e palloni con la cucitura a vista. Tribune interamente in legno e posti di osservazione più simili ad un ippodromo. Potrei dare lidea di andare fuori tema, ma il nesso è rappresentato dal fatto che provai grande solidarietà nei confronti dei vecchi tifosi granata, quando, in tempi recenti, videro il loro tempio andare demolito. Vecchietti che non riuscivano a distogliere il loro sguardo dalle ruspe in azione. Questo successe per tutti i giorni necessari a compiere lintera distruzione. La commozione era altissima e, francamente, molto facile da comprendere. Il collegamento a tutto questo, avviene quando una domenica di alcuni anni or sono vidi accampare un enorme pannello raffigurante il progetto del nuovo stadio, situato a fianco della palazzina degli uffici di via Schio. Subito mi tornarono alla mente quelle scene di cui parlavo prima. Credo che, oltre a me, fummo in molti a gufare perché quel progetto fallisse. Ma torniamo alcuni passi indietro. Nonostante, come dicevo, mi fossero familiari stadi prestigiosi come quelli di Torino, e la vicina Milano o Genova, quando venni per la prima volta a Vicenza rimasi folgorato da quella visione: il mio vero stadio. Ci arrivai dalla parte della ferrovia, e come dincanto, dopo aver attraversato quella viuzza che costeggia il campetto dallenamento, ecco apparire tutto in una volta il MIO Romeo Menti. Venni pervaso da pulsazioni di vario genere. Non era lo stesso impatto come per gli altri stadi. Non era S. Siro e nemmeno il Comunale, era linconfondibile Stadio Menti. Finalmente lo toccavo con mano. Ero davvero lì davanti. Come spiegare quelle intense emozioni? Difficile tanto quanto spiegare un colore ad un cieco dalla nascita. Bisognerebbe aver vissuto quei tempi, poveri di immagini, filmati e di televisioni ancora in bianco e nero. Difficile spiegare a chi non era solito ascoltare tutte le domeniche i secondi tempi della trasmissione radiofonica Tutto il calcio, minuto per minuto. Quali forti emozioni quando Ameri chiedeva il collegamento dallo Stadio Menti di Vicenza. Avevi un risucchio nello stomaco per quei 3/4 secondi di suspence prima di conoscere cosera successo. Poi, un bel giorno, dopo aver accumulato nel tempo 300 interventi di Ciotti e Ameri, ti trovi lì, a vedere con i tuoi occhi, quello che potevi solo immaginare in bianco e rosso per tanti anni. Negli anni, partita dopo partita, stranamente quel primo impatto è rimasto pressoché identico. Non so spiegarmelo, ma ancora oggi ogni volta che percorro quella viuzza, provo immutate le sensazioni di 30 anni fa esatti. Certo, quel Menti che conobbi allinterno ha subito notevoli mutamenti. Come non ricordare quando era costituito da due livelli differenti nella curva Sud e nella Nord? Oggi si chiamerebbero due anelli. Quello, credo sia da considerarsi il periodo in cui il tifo vicentino era più attaccato e vicino alla propria squadra, salvo poi rivivere a distanza di tempo simili fasti; quelli dellera Guidolin. A quei tempi però si potevano contare fino a 30.000 chiassose presenze allinterno di quel catino, magari in occasione di una gara con la Juve. Pensare che il 30% della popolazione della città di Vicenza si trovasse allinterno dello Stadio, rende chiara lidea di quanta passione fosse capace di calamitare quella maglietta biancorossa. Ricordo con immutato affetto quelle domeniche. Si arrivava presto allo stadio. Ci si radunava anche fino a tre ore prima dellinizio della partita. Si facevano quattro ciacole discutendo del tifo da scatenare in curva. Esprimendo pareri sui nuovi striscioni o sulla novità dei gadget da esibire. Si commentava la coreografia pensata in funzione dellavversario da incontrare, ma soprattutto cera un intento valido per ogni avversario: quello di non dover udire i cori dei tifosi ospiti, ma sovrastarli con i nostri fino al novantesimo. Poiché eravamo anche molto più giovani e squattrinati, vicino ai botteghini della Curva Sud, ci si contava i soldi che avevamo in tasca. Quelli più facoltosi potevano permettersi un biglietto per il piano superiore, mentre a quelli più in bolletta non rimaneva che acquistare i tagliandi per il Parterre, dove veniva proposto un prezzo sensibilmente più basso, considerando quei tempi. Non era certo finita qui, perché prima di entrare cerano frenetici accordi per ritrovarsi allinterno, dove quelli dellanello inferiore venivano issati con laiuto di robuste braccia ultras fino al piano più alto della curva. Veniva appositamente riservato un preciso spazio fra uno striscione e laltro, fra una batteria di tamburi e laltra, che doveva servire per loperazione decollo!!. Cè ancora un particolare che ricordo nitidamente; quei gruppetti di ragazzotti ancora meno abbienti di questultimi, che si aggiravano a tirare colletta fra il popolo fuori dalla gradinata Sud e distinti per poter racimolare gli schei necessari per il biglietto più popolare, prima che iniziasse la partita. In quel periodo non si può certo dire che la solidarietà facesse difetto ai tifosi Vicentini. Cosicché alla fine nessuno rimaneva escluso dallo spettacolo che si preannunciava sulle gradinate, e riuscivano a trovare il modo per entrare ed unirsi al festoso popolo biancorosso. Oggi è particolarmente raro vedere quella affannosa caccia allo spiccio, sarà fra i pochi vantaggi che riservano i tempi moderni, o forse la scelta di preferire la tivù a costi meno elevati: chissà. Comunque, quello che è certo, è che una volta tutti dentro, lo spettacolo era assicurato e il colpo docchio era sempre pressoché simile: tutto pieno in ogni ordine di posti. A volte, quasi mi spiaceva trovarmi lì in curva Sud, perché pensavo che lo spettacolo fosse molto più godibile visto dagli altri settori dello Stadio; ma essere lì, in quel posto preciso, significava far parte dellanima del tifo Vicentino. Ricordo quel periodo come estremamente contagioso, sia per entusiasmo che per fede assoluta verso i nostri colori. Lo dimostra il fatto che a volte nel tal anno non ci si ricorda neppure in che categoria militava il Vicenza, in quanto questo aspetto era considerato ininfluente. Come sono cambiati i tempi, ragazzi Poi seguirono altri eventi, nuove misure di sicurezza e nuove norme che portarono a deformare lorigine di quello Stadio. Vennero demoliti i mitici Parterre per creare due nuove gradinate uniche che ci privarono per sempre delle suggestive scene degli ascensori umani. Che peccato. Ci tengo anche a ricordare che in campo nazionale lo stadio Romeo Menti era riuscito ad acquisire una notevole notorietà, distinguendosi dagli altri impianti per una particolarità curiosa: venne definito lo stadio dei pali. Era infatti facilmente riconoscibile da parte di qualsiasi sportivo telespettatore, in quanto durante le riprese televisive si vedevano gli inconfondibili pali che sorreggevano la tettoia della tribuna, frapporsi davanti a tutte le azioni di gioco. Si aveva la sensazione di potersi perdere la giocata o lintervento dubbio, proprio in corrispondenza di quei sostegni. A dire il vero, io ne andavo fiero, in quanto proprio questa sua unicità rispetto ad altre strutture rendeva il mio stadio più popolare rispetto ad altri. Purtroppo demolirono anche quelli. Qualcuno mi disse che dovettero stare lì per tanto tempo prima che le Belle Arti dessero il permesso di rimozione e di conseguenza creare una nuova tettoia televisivamente più adeguata. Non seppi mai se era davvero così o se era pura goliardia messa in giro da chissà chi, fatto sta che questo avvenne negli anni in cui le pay-TV iniziarono a condizionare pesantemente i business televisivi legati al Calcio. Non chiedete mai al vecchio tifoso Vicentino se preferisce vivere il vetusto Stadio Menti così comè, lì dovè, carico di ricordi e testimone di lacrime, e gioie indescrivibili magari a favore di un nuovo stadio inevitabilmente senza anima, collocato in periferia. Vi sentireste dare la stessa risposta leggibile in uno striscione dei giorni nostri sempre presente a lato dei distinti: GIU LE MANI DAL MENTI!! Fonte: ilcesena.net Altre notizie ![]() 29 Ottobre 2020 - Cosa significa essere ultras?
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