«Solo con i giovani si può fischiare lespulsione del calcio-business»
21 Febbraio 2005 - letto 889 volte Oliviero Beha, che cosa è successo per ridurre in questo stato il calcio italiano? «È stato travolto dallaffarismo dimenticandosi della sua ricchezza: i giovani». Come può ripartire il carrozzone pallonaro? «Dai vivai giovanili. Questo gioco deve riacquistare letica dellonestà e del rispetto». Ma chi amministra questo business ha sbagliato fino ad oggi tutti i conti... «Il nostro calcio non è più credibile. È morto e va rifondato. Un tempo il pallone serviva a distrarre i cittadini dai pasticci del Paese. Ora è diventato a sua volta un gran casino tanto che non si riesce più a distinguere i problemi che affliggono la Telecom da quelli dellInter». Viviamo il calcio delle Spa, dellingerenza dei procuratori e degli stranieri, del doping amministrativo e farmaceutico, dei passaporti fasulli, delle fideiussioni fittizie, delle scommesse, dei conti in rosso e dei maxistipendi a brocchi spacciati per fenomeni. È di pochi giorni fa la notizia che Claudio Lotito, patron della Lazio, ha chiesto una transazione allAgenzia delle Entrate per pagare i debiti fiscali: deve sborsare 150 milioni di euro. E mentre i suoi giocatori percepiscono mensilmente ricchi stipendi, i tifosi sfilano davanti a via XX settembre e il presidente biancoceleste sogna di costruirsi uno stadio tutto suo sulla Tiberina ma a spese dello Stato. Intanto dallaltra parte del mondo, negli Usa, il campionato professionistico di hockey su ghiaccio non partirà. Non è stato raggiunto un accordo sul salary cap, cioè lammontare massimo che può essere speso da una società per le retribuzioni dei suoi giocatori. Non si gioca, quindi. Semplice. Non ti è permesso di spendere più di quanto guadagni. Oltreoceano non si scherza. Le regole si rispettano. A casa nostra, invece, va tutto al contrario. Nella nostra inchiesta sul calcio malato, abbiamo voluto chiedere a Oliviero Beha, uno tra i più preparati e stimati giornalisti e scrittori sportivi, che cosa non abbia funzionato nella gestione dello sport più famoso del mondo. «Semplicemente tutto - risponde Beha -. E purtroppo non si assiste ad alcuna inversione di rotta». «Non si investe sui giovani»; «Carraro è sempre seduto sulla sua poltrona»; le società «continuano a spendere cento quando incassano cinquanta» e i debiti col Fisco «aumentano ogni giorno». E lo sbarco in Borsa di alcuni club non ha migliorato la situazione come qualcuno sperava, vero Beha? «Già Piazza Affari è quello che è: ossia un posto dove si ride quando qualcuno usa la parola trasparenza. Figuriamoci il giorno in cui sono state quotate la Roma, la Lazio e la Juventus. Alla Consob ridono ancora. Vogliono confonderci. Ma i conti non tornano». Crede che il sistema calcio sia stato alimentato da un rapporto poco professionale con le banche? «Sicurissimo. Poco professionale? Direi molto peggio. La trasparenza in questo rapporto è una merce rarissima. Così si ritarda il risanamento». Cosa ne pensa di Capitalia nella Lazio, nella Roma e nel Perugia? «Andiamo oltre. È una commedia». Questanno si disputa lennesimo campionato targato Gea World. Pensa che sia un male? «Come nel Paese, anche nel calcio ci sono le lobby. Fanno male perché condizionano ogni cosa». Vede qualche segnale di cambiamento nel sistema calcio? «Sarò cieco ma dico di no e ancora no. Linvincibile Franco Carraro è sempre seduto sulla poltrona di presidente della Federcalcio. Galliani sarà rieletto alla Lega Calcio. Dove è il cambiamento? I palazzi non cambiano. E ai tifosi non frega nulla se la loro squadra evade le tasse. Vogliono solo vederla vincere magari anche con un gol di mano al 94° minuto». Questo calcio è sfatto. È tutto da buttare». Che cosa devono fare le società per far rinascere il calcio? «Serve cambiare aria. Abbiamo bisogno di facce nuove. Non ho nulla contro Carraro ma qualcosa non va se prima tutti lo additavano come un mostro e poi lo rieleggono. Ma non solo...». Che cosa manca? «I club devono tagliare gli stipendi ma soprattutto investire seriamente nei settori giovanili. Il calcio ha bisogno di riacquistare serietà e trasparenza, non di andare in Borsa». Una mano potrebbe arrivare dagli Usa. Crede che sia possibile un salary cap nel calcio italiano? «Può funzionare, ma sarebbe un palliativo. Mi fa però sorridere questa soluzione». In che senso? «Nel senso che non siamo americani quando bisogna irrigidire le norme e farle rispettare. Negli Usa se spendi più di quanto incassi, fallisci. Lo Stato nello sport non ci entra. La gente dovrebbe scendere coi forconi in piazza ma non perché la loro squadra ha perso lo scudetto allultimo minuto di gioco ma perché certi signori hanno rovinato lo sport più bello del mondo». E come la mettiamo con la sfilata degli ultras laziali davanti allAgenzia delle Entrate... «Una pagliacciata. I tifosi devono scendere in strada per chiedere trasparenza». Se il patron Lotito non paga i debiti la Lazio deve sparire? «Sarebbe giusto che saltasse se lintero sistema rispettasse le regole. Così non è purtroppo. Ogni tanto arriva un aiutino. Prendersela soltanto con la Lazio allora non ha senso. Sembra di vedere la Fiorentina di Cecchi Gori». Questo calcio è un malato curabile? «È morto perché fa solo business. E fa male vedere la gente preoccuparsi di più di non veder perdere la propria squadra del cuore che non il proprio posto di lavoro...». Simone Girardin Fonte: LA PADANIA - lapadania.com Notizie correlate Ischia
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