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Sampdoria-Napoli: il fallimento di un sistema
12 Febbraio 2008 - letto 6570 volte
Divieti che non reggono, “partite a rischio” e ridicoli palliativi.


E’ l’Osservatorio. Quello che sa tutto di tutti. Quello che prende le decisioni più giuste, senza mai varcare i limiti della repressione indiscriminata... No, scusate, siamo costretti a rettificare noi stessi. Riteneva di prendere le decisioni più giuste, senza mai applicare due pesi e due misure. Grossolano, grottesco errore. Nulla – nello specifico di nessun decreto, tanto meno nello squallido dipinto della realtà – si avvicina a quello cui siamo stati costretti ad assistere ieri, allo Stadio Luigi Ferraris di Genova. La chiusura di un settore, il divieto di una trasferta, mezzo migliaio – più o meno – di persone che aggirano tutto questo. Dopo tanti indizi, finalmente la prova. Inconfutabile: la fine di un sistema, il tracollo di un metodo.

Ora si andrà alla ricerca di un colpevole. Si va sempre alla ricerca di un colpevole, dell’errore compiuto da uno nel tentativo, sempre, invariabilmente ipocrita e ridicolo, di coprire il fallimento di chi governa. Non importa cosa governi, se uno Stato, il calcio o una combriccola di dementi. Il fallimento dell’infame tentativo di coprire i mali di uno sport ridotto a lurido business con il vietare alla passione di muoversi. Tanto, poi, se vuole, lo fa lo stesso... La colpa non è dei tifosi napoletani, la colpa non è delle società che vendono lo stesso i biglietti, perché glielo hanno permesso. La colpa è di chi vieta lo spostamento di gruppo e poi permette mettendosi le manine sugli occhi che un gruppo di quasi trecento persone arrivi allo stadio – per di più senza biglietto -, tanto da dover creare il cordone e dover riservare loro un angolino del settore distinti. Situazione ben più pericolosa della “gabbia”…Un paese di marionette, come sempre.

Pur tuttavia, caro Osservatorio, queste considerazioni rimangono di natura volatile ed accademica. Noi sappiamo che ci sono decreti e de-cretini. Noi non sappiamo a causa di cosa e di chi continuino a venir fatte leggi che nessuno poi è in grado o ha voglia di far rispettare. Forse non lo sapremo mai. Noi sappiamo che allo stadio non ci possiamo andare se qualcuno decide che si tratta di “partita a rischio”, senza che questo qualcuno realmente sappia che cosa significhi in lingua italiana la parola “rischio”. Noi non sappiamo se il “rischio” sia realmente nei pressi di un impianto o in prossimità di un posto di blocco o, peggio, nei cordoni formati per “proteggerci da noi stessi”. Noi sappiamo da oggi che non c’è più nessun divieto che tenga. Noi non sappiamo perché debbano ancora esserci divieti che sono palliativi ad un problema molto più grande: gli interessi economici in ballo. Voglio vedere se trecento tifosi della Sanremese si fossero presentati ad Imperia in barba all’imposizione e senza biglietto, chissà se avrebbero ricevuto la medesima accoglienza che le forze dell’ordine hanno riservato ai sostenitori partenopei a Genova. E non raccontiamoci ipocritamente che non venivano da Napoli, che erano residenti in Liguria e zone limitrofe, che importanza ha? Pur sempre mezzo migliaio erano. Bella sicurezza per le famiglie che millantano di voler riportare allo stadio…

Tutte considerazioni, caro Osservatorio, mere considerazioni, che non possono non ricondurci, però, all’insensatezza del potere che ti sei arrogato. Ogni domanda trova sempre, prima o poi, una risposta, qualsiasi cosa accada, dovunque accada, comunque accada... Ed allora, per favore, finiamola con questa pagliacciata, perché esiste sempre un evento che altera gli equilibri, quanto instabili. Esiste sempre – per fortuna – una decisione che rovescia le prospettive, quanto sfumate. Esiste sempre un fallimento che frantuma le strategie, soprattutto quando siano arrogantemente ferree. E’ quello che accaduto ieri a Marassi: abbiate il coraggio di ammetterlo. E di ricominciare, questa volta usando la testa. Ma per davvero. Perché la domanda spontanea ora è: ma siete uomini? O siete beceri caporali?
Fonte: goal.com
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