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Salerno vietata anche la trasferta a Gubbio
03 Dicembre 2010 - letto 2752 volte
La farsa continua, in giornata è arrivato l’ennesimo veto stagionale per i tifosi granata. L’Osservatorio sulla sicurezza delle manifestazioni sportive ha vietato anche la trasferta di Gubbio in programma il 12 dicembre. Divieto dal quale, ovviamente, sono esentati tutti i possessori della “tessera del tifoso” , osteggiata con forza dalla stragrande maggioranza della tifoseria granata. “Vendita vietata ai residenti nella Regione Campania”, l’ennesima misura restrittiva basata su criteri territoriali, razzisti, a dir poco anacronistici in un mondo nel quale la libera circolazione delle persone è un concetto sdoganato ormai da decenni. Non per il ministro Maroni, per il quale la tessera continua essere un clamoroso successo nonché l’unica possibilità concreta per garantire la sicurezza all’interno di impianti vetusti e sempre più deserti. Continua quindi la politica mirata dell’Osservatorio volta a stroncare sul nascere tutte quelle tifoserie apertamente contrarie al progetto della “fidelity card” varato dal Viminale. Basti pensare che in tempi recenti sono stati emessi divieti anche per gare nelle quali si fronteggiavano tifoserie gemellate da decenni (è il caso di Parma-Sampdoria e Milan-Brescia), per comprendere quale possa essere l’obiettivo di Maroni e soci: stroncare sul nascere ogni forma di dissenso con una coercizione di massa, obbligando i tifosi, esasperati dai continui divieti, a sottoscrivere la tessera per avere la certezza di poter assistere a tutte le partite della propria squadra del cuore. Un atteggiamento da regime dittatoriale più che da stato democratico. Continua quindi la “guerra” a distanza tra Maroni e tifoserie oltranziste, assolutamente indisponibili a piegarsi ai diktat ministeriali e decise fermamente a dar filo da torcere pur di far valere i propri sacrosanti diritti e le proprie idee. E fa niente se questo stato di cose settimanalmente provoca pericolose commistioni tra tifoserie di schieramenti avversari. Troppo alta, evidentemente, la posta in palio per poter pensare di tornare sui propri passi e ridiscutere un progetto definito da più parti fallimentare. Difficile trovare una logica in tutto questo, l’unica spiegazione plausibile è questa: siamo in Italia, uno Stato in cui far valere i propri diritti è un’impresa, un’eccezione, non la prassi.
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