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I Boys su Modena-Parma:"Hanno ucciso il derby"
27 Febbraio 2009 - letto 3637 volte
Forte protesta dei Boys per l'impossibilità di seguire il Parma nella trasferta di Modena. In un comunicato, che pubblichiamo integralmente, lo storico gruppo ultras esprime il proprio rammarico per una scelta ritenuta ingiusta:

Ultras e tifosi del Parma non potranno avere accesso allo stadio Braglia per assistere al derby contro il Modena. Il Comitato di Analisi per la Sicurezza sulle Manifestazioni Sportive (composto solo da appartenenti a forze di polizia), su segnalazione dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive (composto in larga parte da appartenenti a forze di polizia) ha determinato la chiusura del settore ospiti.


Il Prefetto di Modena, nell’ordinanza attuativa, ha stabilito che i biglietti siano venduti ai soli residenti nella provincia di Modena. Ancora una volta i diritti dei tifosi sono stati calpestati; così come accadde ai modenesi all’andata, e così come accade a tante tifoserie ogni settimana. E sempre: ingiustamente. Perché non c’è giustizia nell’impedire l’esercizio delle libertà fondamentali. Perché nessuno, mai e in nessun caso, può essere privato di ciò che gli spetta. Non chiediamo quindi giustizia solo per noi, la chiediamo per tutti: per tutti gli ultras, per tutti i tifosi, e per tutte le tifoserie d’Italia. E la chiediamo senza ambiguità, senza tentennamenti, senza ammiccamenti al potere. L’ordine pubblico non può essere garantito sospendendo i diritti fondamentali delle persone.
Dopo le inique leggi speciali, dopo la schedatura preventiva con i biglietti nominali, dopo le diffide, i tornelli, le telecamere, il giallo esercito degli steward e (addirittura) le scandalose norme anti-tifo: si chiudono stadi; settori di stadi; fino a selezionare gli accessi praticando una discriminazione su base territoriale. E tutto questo, ormai, è la regola. Così, quand’è possibile, si impediscono le trasferte. Una politica che piace agli amanti della repressione e a chi, da essa, punta a trarne un vantaggio economico. Perché impedendo le trasferte si consolida una tendenza, per cui le partite fuori casa si guardano alla tv (a pagamento). Un modo irragionevole di gestire l’ordine pubblico o una strategia di mercato? Forse entrambi.
Il successo del calcio italiano è nel suo essere (tradizionalmente) uno sport per tifosi. E’ stata la passione dei tifosi ad elevarlo a fenomeno popolare. Perché la squadra (per noi) non è solo 11 calciatori, ma una bandiera, una terra, una storia, una tradizione. E’ la nostra piccola nazione, quella che sentiamo veramente nostra, quella che veramente ci rappresenta. Parole che possono suonare ridicole a chi non è ultras o tifoso, e che immaginiamo incomprensibili per il Comitato (Casms) e l’Osservatorio, per i politicanti, e per chi vive il calcio solo per denaro. Speculazione e repressione sono le loro parole d’ordine. Ma così facendo uccidono la passione, precludendo qualsiasi futuro a questo universo (che gestiscono ma non conoscono, e tanto meno amano). Gli stadi vuoti dimostrano le loro colpe.
Il derby è l’apice della passione per tutta la tifoseria. E’ la sfida con i rivali storici, quelli che ti sono vicini ma a cui sei contrapposto nel modo più radicale. E’ sfottò che durano da sempre, incontri e scontri che hanno fatto la storia, che hanno inorgoglito una comunità o l’hanno fatta bruciare di rabbia. E’ racconti e avventure, burle, gioie immense e voglia di riscatto. E’ ricordi di gioventù (per qualcuno) e voglia di misurarsi con un mito (per qualcun altro). Per noi è anche parmigianità. Perché il sentimento che ci contrappone ai nostri rivali nasce dalla nostra tradizione e dalla nostra storia (bella o brutta che sia). Ebbene: qualcuno sta uccidendo tutto questo.
Stanno annullando i derby. Ma solo quelli tra squadre di diverse città. Quelli tra compagini dello stesso comune si giocano regolarmente, senza particolari limitazioni. In tali casi, essendo la maggior parte dei tifosi residenti sullo stesso territorio, l’unica alternativa sarebbe di giocare a porte chiuse o di riservare l’ingresso ai soli abbonati di casa. Ma nessuno si sogna di far giocare Inter-Milan, Roma-Lazio, Sampdoria-Genoa e Lazio-Roma (guarda caso: tutti derby di Serie A) con tali limitazioni. I fattori di rischio non sono certi minori, ma evidentemente ci sono derby che devono essere aperti a tutti e altri che possono non essere aperti a tutti. Se la giustizia è cieca, Casms, Osservatorio e Lega Calcio sembrano vederci benissimo. Ma non vedono lontano. Questa disparità di trattamenti, del tutto slegata dalle problematiche di ordine pubblico, dimostra la pretestuosità dei loro discorsi.
Oggi, per “ordine pubblico”, ci chiudono il settore ospiti e ci precludono l’accesso allo stadio. Domani, per prevenire gli incidenti stradali, ci vieteranno di circolare con mezzi a motore? Domani, per prevenire le risse in discoteca, ci vieteranno di andare a ballare?
Il Parma sabato giocherà contro il Modena e noi non potremo sostenerlo. Inutile, quindi, parlare di tifo. Perché il tifo si fa allo stadio e noi, al Braglia, non potremo entrare.
Siamo arrabbiati. Come immaginiamo lo siano tutti coloro che avrebbero voluto seguire i crociati; come lo sono stati, lo sono e lo saranno tutti quei tifosi (come noi) costretti a subire queste ingiustizie.
Invitiamo tutti i tifosi di Parma a farsi sentire, e a protestare nelle sedi opportune. Quando si subisce un torto senza reagire è quasi certo che se ne subiranno di ulteriori.
Rivogliamo le nostre emozioni, rivogliamo i nostri diritti, rivogliamo i nostri derby.
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