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Hellas-Spal, non solo una partita
11 Settembre 2008 - letto 6180 volte
La gara di esordio nel campionato di Prima Divisione della Lega Pro al Bentegodi, ha rappresentato per il Verona di mister Remondina anche l’inizio della contestazione alla dirigenza di una parte della tifoseria. Chi non se la sente di credere agli attuali vertici ha deciso di restare fuori dai cancelli della Curva Sud. E di seguire i gialloblu solo nelle trasferte.

Il posticipo tra Verona e Spal non è stata e non poteva essere una partita come le altre. Non poteva esserlo per il glorioso passato delle contendenti, d’accordo, ma chi ha vissuto da vicino la turbolenta estate dei tifosi dell’Hellas, sapeva che c’erano altri motivi per i quali questo Verona-Spal assumeva significati che andavano ben al di là del semplice risultato sul campo.



I tifosi dell’Hellas non sono contenti dell’attuale società, ed è difficile pensare il contrario di chi ti porta sull’orlo del baratro della Seconda Divisione, di chi per la prima volta nella tua storia centenaria ti costringe a giocare due campionati nella terza serie, di chi parla di progetti di rilancio palesando però difficoltà economiche nel pagamento dell’affitto dello stadio e nella stessa iscrizione al campionato.



Difficile accordare fiducia con queste premesse, difficile soprattutto quando la tua pazienza è già stata portata al limite estremo da anni di amarezze e delusioni. La tifoseria dell’Hellas è passata dai sogni di gloria di Prandelli, Mutu, Gilardino e Camoranesi alla retrocessione in Serie B. Ha poi sopportato l’idea di non recitare un ruolo da protagonista neppure in Serie B, dove è stata più spesso impegnata nella lotta per non retrocedere. Ha digerito perfino una retrocessione in terza serie, facendo registrare numeri da record per tutta la stagione e per tutta risposta ha dovuto sopportare una squadra che sembrava non volesse smettere di scendere, che ha terminato la stagione regolare all’ultimo posto guadagnando l’accesso ai play-out per un solo gol nella differenza reti. Il popolo gialloblu ha detto basta? Macchè! Ha risposto ancora una volta “presente” appropriandosi dello stadio di Busto Arsizio e colorandolo quasi per intero di gialloblu.



Ma proprio quel giorno la pazienza è terminata. Lo striscione “Arvedi vendi il Verona” improvvisamente srotolato nel ritorno dei play-out, poco prima che Zeytulaev inventasse il gol-salvezza proprio allo scadere, riportando una ventata di entusiasmo in una tifoseria che sembrava ormai assuefatta a qualunque amarezza, ha di fatto reso manifesta la volontà di opporsi con decisione a questa dirigenza.



La richiesta era il massimo sacrificio che si potesse pretendere da un tifoso dell’Hellas: blocco totale degli abbonamenti, disertare il “Bentegodi” per non dare altri soldi a questa società e seguire l’Hellas soltanto in trasferta. Una richiesta forte per qualunque piazza, ancora di più a Verona dove la volontà di sostenere comunque la propria squadra è stata più forte della voglia di ribellarsi all’attuale proprietà. E i numeri, che difficilmente mentono, parlano di quasi 7.500 abbonati ad una settimana dalla chiusura, nonostante tutto, nonostante tutti. Ed è altrettanto chiaro che per una tifoseria come quella dell’Hellas, che ha sempre fatto della compattezza e dell’unità di intenti la propria caratteristica più importante, questi numeri avrebbero lasciato un segno.



“Prima i butei e dopo l’Hellas” recita la prima legge non scritta delle vecchie Brigate Gialloblu, che si sono sempre professate tifose di loro stesse prima che della squadra. Una legge che, per alcuni, i 7.500 abbonati hanno calpestato, creando di fatto una frattura. Per questi motivi la partita con la Spal aveva un’importanza di gran lunga superiore ai tre punti in palio. Nessuno ha rivisto le proprie posizioni. La Curva Sud era piena, come sempre, ma dietro ai cancelli sono rimasti circa 300 “butei” con birra e radio sintonizzata sulla partita. Le loro bandiere, i loro drappi, che di solito colorano la Curva, pendevano ora dai cancelli d’ingresso del “Bentegodi” rivolti verso di loro, verso la loro “partita”. Hanno tifato e cantato da li’, perdendo la voce e soffrendo per l’Hellas più di quanto avevano mai fatto dagli spalti.



Ma l’amore per l’Hellas non smette di riservare sorprese. Finisce la partita, ti aspetti momenti di tensione tra chi esce e chi è rimasto fuori, tra chi si è sentito “tradito” e chi, galvanizzato da una vittoria in rimonta, sente di aver avuto ragione ad entrare. Ma chi ha sceso le scale del “Bentegodi” a fine partita non immaginava di ritrovare i 300 “butei” nello stesso posto in cui li aveva lasciati mentre si faceva strappare il biglietto di ingresso. Ancora uniti, con i loro cori urlati a squarciagola e i loro battimani. Una scena che, senza neanche un grammo di enfasi di troppo, ha commosso anche il più acerrimo anti-contestatore, e nel giro di pochi minuti il coro dei 300 era il coro di tutta una Curva, cantato e urlato anche da chi allo stadio ci era entrato.



Non sappiamo cosa succederà in futuro. Ma è certo che quella che può essere una stagione decisiva per l’Hellas lo sarà ancora di più per la sua tifoseria, del cui spirito di sacrificio chi si è succeduto nella “stanza dei bottoni” ha abusato fin troppo.
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