Grandeur, bilanci creativi, omertà così il calcio rischia il crac
28 Ottobre 2002 - letto 497 volte Le ricette per guarire ci sono, ma richiedono sacrifici. E non tutti sono disposti a farli. In nome di una presunta superiorità Che il calcio stia andando a rotoli in Italia è percezione diffusa. Ma quanto sia grave la situazione e perché si sia arrivati a questo punto non è sempre stato facile saperlo. Ci provano due libri che pur partendo da punti di vista simili approdano a diverse soluzioni. Il primo è I conti truccati del calcio di Vittorio Malagutti, giornalista del Corriere della sera. Il secondo è Autogol! Il campionato ha fatto crac di Riccardo Liguori e Massimo Vincenzi, giornalisti di Repubblica con la prefazione di Walter Veltroni. Non è un caso che i due libri escano adesso. Perché gli autori sono convinti che la crisi del pianeta calcio abbia toccato proprio quest'anno un punto di non ritorno. Per la prima volta nella sua storia, guerre escluse, il campionato è partito in ritardo e si è temuto che potesse addirittura non partire. La rivolta dei piccoli club insoddisfatti dai contratti per i diritti televisivi ha fatto incrinare pericolosamente il grande assioma "lo spettacolo deve andare avanti". In quel momento tutti hanno intuito quanto sia grave la depressione che investe il calcio. Turata la falla e ristabilito l'assioma, a leggere questi due libri si ha la sensazione (la certezza) che, se non si correrà ai ripari, l'appuntamento con il crac definitivo sia solo rimandato. Abituati a veder trattato il calcio solo per quanto avviene sul campo e per quanto segue in termini di polemiche su arbitraggi, moviole e prove tv, "vento del Nord" contro "Roma capitale", quello dei tre giornalisti è uno dei rari tentativi di affrontare il calcio per quello che è: una grande industria dell'intrattenimento che non vuole sottostare, in nome di una presunta superiorità, alle regole delle altre industrie. Da qui il viaggio attraverso acquisti di giocatori a suon di miliardi, operazioni di finanza creativa per far quadrare ammortamenti e plusvalenze, spericolate quotazioni in Borsa, indebitamento recidivo come sistema di finanziamento, conflitti di interesse più o meno macroscopici tra dirigenti di società e procuratori di calciatori, squadre di calcio utilizzate come trampolino di lancio per la visibilità pubblica dei presidenti, gloriose società che falliscono e non resta loro nemmeno il nome, presidenti che finiscono davanti al giudice per vicende di fondi neri e frode fiscale. Sopra tutto la volontà precisa dei signori del calcio - compresi gli organi istituzionali - di far finta che la crisi non ci sia, che l'industria possa espandersi all'infinito (Liguori e Vincenzi usano un termine mutuato dal linguaggio borsistico e parlano di "palla speculativa"), che gli organi di controllo dei bilanci debbano avere poteri più teorici che di intervento. Ma se tutti più o meno si sono fatti un'idea che il calcio viva al di sopra delle sue possibilità, forse non è altrettanto risaputo come si è arrivati a questo. I tre autori sono d'accordo su due cause. Primo: la sentenza Bosman che ha consentito ai giocatori a fine contratto di diventare padroni del proprio cartellino. Questo ha eliminato l'indennità che ricevevano le società a fine rapporto e le ha lasciate senza una voce importante nel bilancio. Secondo: la discesa in campo di Silvio Berlusconi che nel 1994 ha rivoluzionato il calcio trasformando il Milan in una società moderna ma nello stesso tempo ha dato il via a un'epoca - quella in cui ancora oggi il calcio vive - di spese per gli acquisti dei giocatori senza precedenti. Da questi due momenti in poi la strada verso la crisi è stata aperta. Non per pochissime grandi società che hanno risorse finanziarie per coprire le perdite (fino a quando?). Ma per tutti gli altri il modello che si è imposto è insostenibile. Rimedi? Malagutti auspica che l'Uefa prosegua nella strada iniziata: regole rigide sui bilanci delle società che vogliano partecipare alle coppe europee, una specie di parametro di Maastricht del calcio. Per Liguori e Vincenzi la prima regola è la compressione dei costi dei giocatori e poi una gestione manageriale delle società che le faccia approdare in Borsa. L'esempio più volte citato è quello del Manchester United, l'unica vera società di intrattenimento che ha creato intorno al suo marchio un sistema economico solido che va dal merchandising al catering alla proprietà dello stadio. In verità si ha l'impressione di essere molto lontani da questi scenari di rigore e di buon senso. Riccardo Liguori e Massimo Vincenzi AUTOGOL! IL CAMPIONATO HA FATTO CRAC Avverbi Edizioni (10 euro) Vittorio Malaguti I CONTI TRUCCATI DEL CALCIO Carocci (12,50 euro) Fonte: repubblica.it Notizie correlate Ischia
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