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Rischia di perdere il lavoro per un Daspo
29 Giugno 2015 - letto 1242 volte

Se la febbre a novanta gradi fa ammalare anche il conto in banca sono guai. Se il tifo troppo scosso terremota anche il portafogli, è un problema.
Tanto da finire davanti al Tar per farsi togliere un Daspo motivando la richiesta così: se non posso rientrare allo stadio non pago più le bollette. Sono un calciatore e col pallone ci mangio.
Inizia esattamente un anno fa, quando dopo alcuni disordini in uno stadio, il questore di Terni fischia la fine dei giochi e sventola in faccia ad alcuni tifosi il divieto di accedere alle manifestazioni sportive. Per tutti Daspo, l'incubo degli ultrà. Per qualcuno, magari, diventa una medaglia, un coro di solidarietà e di protesta verso il sistema. Per altri può diventare un problema anche di sopravvivenza. E non per la mancanza della curva e degli undici del cuore, ma proprio perché a fine mese non arriva lo stipendio. Tra quei tifosi raggiunti dal Daspo, infatti, c'è anche un giovane calciatore. Milita in una squadra di serie D laziale e sgambando sui duri campi del campionato interregionale guadagna quello che gli serve per vivere. Ma una domenica di brutto calcio vissuta da tifoso rischia di fargli perdere anche il lavoro. Il questore ha infatti stabilito il divieto di «accedere a tutti gli impianti sportivi siti su tutto il territorio nazionale e all'estero in cui si svolgono tutte le manifestazioni sportive calcistiche di coppa Italia, coppa internazionale e campionato alle quali partecipano squadre di calcio militanti in campionati nazionali professionistici e dilettantistici, compreso ogni incontro amichevole e tutte le competizioni della nazionale italiana e della medesima compagine under 21, dalle squadre che militano nei campionati nazionali di serie A ,B ,C, Lega Pro- 1” e 2' Div.ne, serie D , Eccellenza - Promozione , Prima categoria - Seconda categoria - Terza categoria, Campionato nazionale giovanile, Primavera e Dante Berretti, nonché a tutti gli incontri di calcio relativi all'Europa league e Champions league, comprese tutte le partite amichevoli». Insomma, niente più stadio. Neanche per giocare. Forse, tranne nel parco sotto casa. Per un anno, cioè per dodici stipendi. Il calciatore si è però rivolto ai giudici del Tribunale amministrativo regionale che, intanto, gli hanno concesso una sospensione dell'esecuzione del provvedimento, in attesa dell'udienza fissata per il 29 luglio. Sperando che la sentenza arriva prima della chiusura del mercato per la prossima stagione.

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