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Intervista a Grassadonia dopo l'assalto
28 Gennaio 2003 - letto 8200 volte
Questo è un calcio malato E io dico basta"
Sette anni fa era stato aggredito sotto casa a Salerno, la sua città natale, dopo aver fatto un autogol in Salernitana-Perugia, adesso l'auto incendiata, a Cagliari, dopo un altro sfortunato autogol, nella partita persa domenica dai sardi a Venezia. Gianluca Grassadonia, di professione difensore, 31 anni a maggio, è sotto choc dopo l'attentato subito la scorsa notte, quando il suo fuoristrada Bmw è stato dato alle fiamme, nel cortile interno di un condominio della centrale via Dante.

E con Grassadonia è sotto choc tutta la sua famiglia, la giovane moglie e i tre figli, di cui una, Paola, nata pochi mesi fa. Tutti sono stati svegliati, nel cuore della notte, dall'incendio scoppiato sotto casa e hanno visto l'auto andare in fiamme. "In questo momento - afferma Grassadonia - penso esclusivamente a stare vicino alla mia famiglia, che ne ha bisogno più di tutti perchè è rimasta scioccata. Purtroppo - continua il difensore rossoblù - ci sono già passato sette anni fa, a Salerno. Allora avevo solo una figlia, di due anni, adesso ho tre bambini che hanno visto tutta la scena e sono rimasti traumatizzati. La bambina di 9 anni piange in continuazione, l'altro mio figlio di sei non parla, è ancora scioccato, così come è rimasta sconvolta mia moglie. A questo punto ti devi fermare un attimo e riflettere. Ho bisogno di ragionare, capire cosa sta accadendo e decidere il da farsi".

Grassadonia, giunto a Cagliari nel 1996, dopo aver militato con Salernitana e Foggia, rifiuta l'ipotesi di essere stato punito per l'autogol. "Mi sembra riduttivo e stupido pensare solo all'autogol. Ieri Maldini ha provocato il rigore che è costato la sconfitta al Milan, allora cosa avrebbero dovuto fargli? No, penso che abbiano voluto colpirmi come simbolo, perchè sono a Cagliari da sette anni, e ero anche capitano (ruolo ricoperto già in passato e poi affidato a Cammarata, ieri in panchina, ndr). Credo di aver dimostrato ai sardi, in questi sette anni, il mio grande attaccamento alla maglia, ma quando purtroppo le cose vanno male, e in questi ultimi anni la squadra non sta ottenendo buoni risultati, tutti i mali si identificano nei giocatori più anziani".

L'episodio di Cagliari è un altro segnale del rapporto distorto che si è ormai creato con le frange estreme di alcune tifoserie. Ma c'è stato perfino di peggio: il difensore colombiano Andres Escobar siglò un'autorete, la sua nazionale venne eliminata ai mondiali del 1994 e, al ritorno a casa, il giocatore venne assassinato a Medellin all'uscita di un ristorante. A Cagliari non è la prima volta, quest'anno, che accadono episodi di violenza. Il 17 novembre scorso, infatti, un ultras entrò in campo e aggredì con un pugno il portiere del Messina, Emanuele Manitta, gesto che costò alla società rossoblù una squalifica di tre giornate del campo (poi ridotta a due).

"Se tutte queste cose succedono anche a Cagliari, una città da sempre tranquilla - commenta Grassadonia - allora è proprio vero che c'è qualcosa che non va, che questo calcio è malato".
Dopo essere finito fuori squadra, tre anni fa, per volere di Renzo Ulivieri, nell'anno dell'ultima retrocessione in serie B del Cagliari, allora allenato dall'attuale tecnico granata, e una volta superate le incomprensioni con il presidente Massimo Cellino, Grassadonia ha deciso di restare nel Cagliari, compiendo una scelta di vita e diventando l'ultima bandiera dei sard.

Lui ormai si sente cagliaritano a tutti gli effetti, i figli sono cresciuti qui, ma l'attentato della scorsa notte ha lasciato un segno profondo. "Ho sempre detto che volevo fermarmi qui, ho comprato anche casa, ma tutti questi discorsi, dopo un fatto così grave, vengono a cadere. Purtroppo noi calciatori continuiamo a essere vittime di episodi di violenza. Come si può uscirne? Sento tante belle parole in giro ma poi come al solito non cambia niente. Per questo, personalmente, preferisco fermarmi e cercare di ragionare a bocce ferme".

Grassadonia non lo dice, ma all'orizzonte potrebbe esserci anche una decisione clamorosa, come quella di lasciare il calcio, oppure chiedere di cambiare squadra. "Vorrei far passare un pò di tempo e poi decidere con calma quale sarà il mio futuro. E lo farò insieme con la mia famiglia, che in questo momento ha la priorità su tutto".

Fonte: http:
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